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Vorrei togliere le macchie!

Questa è una delle frasi più comuni che sento durante le visite in questo periodo. 

L’abitudine di esporsi al sole non tende a cessare, malgrado il fatto che ora i messaggi sulla dannosità dell’esposizione solare sconsiderata siano sempre più diffusi.

Ma anche prendendo il sole con i filtri solari ad alta protezione non possiamo fermare la formazione delle macchie, visto che il danno solare si era già accumulato da anni.

Tuttavia, il desiderio di sbarazzarsi di questo frequente inestetismo, è molto forte e diffuso. Anche perché sembra che sia una cosa facile e veloce, togliere le macchie con la crioterapia, il laser o il peeling.

Purtroppo non è esattamente così.

Come ripeto da anni ai miei pazienti, tutte le metodiche di rimozione delle macchie ci permettono di eliminare (bene che vada) le macchie, ma non il motivo che le ha fatte venire. Significa che dopo il trattamento ambulatoriale, comunque bisognerà continuare con le cure domiciliari di tipo depigmentante e rispettare una rigida fotoprotezione se si ha voglia di mantenere il risultato nel tempo.

Altrimenti le macchie ricompaiono!

Ma il pericolo maggiore è ben altro!

La pratica di rimozione delle macchie sempre più frequentemente (vista la richiesta del mercato) viene attuata dai medici (nel caso migliore) o altre figure professionali che non possiedono esperienze e/o conoscenze specifiche sufficienti per poter distinguere una macchia inoocua da un temibile melanoma.

E sì, dietro le macchie di natura puramente estetica potrebbe nascondersi un tumore cosiderato tra i più aggressivi.

Le lesioni pigmentarie (tipo macchie) del volto sono particolarmente difficili da diagnosticare, molto più difficili rispetto a quelle del corpo.

In aiuto a noi, dermatologi, viene il dermatoscopio, uno strumento indispensabile per poter fare una diagnosi accurata.

Proprio stamani, ho fatto un breve, ma interessantissimo corso online ideato dal Prof. Giuseppe Argenziano (uno dei più grandi esperti mondiali nell’ambito di dermoscopia) che ha sottolineato quanto è facile sbagliarsi nella diagnosi delle macchie del volto, quanto è frequente l’errore di rimuovere la macchia senza darle un nome esatto. Il problema è che “schiarendo” un melanoma con crioterapia o laser ritaridiamo la diagnosi e rendiamo il tumore più aggressivo.

Riporto alcune foto (cortesia Prof. G. Argenziano) a dimostrazione di quello che ho scritto.

Qual è la conclusione?

L’avete sicuramente già fatta da soli: prima di procedere alla rimozione delle macchie è indispensabile accertarsi della loro natura, escludere il melanoma o altri tumori cutanei.

Sono come sempre a vostra disposizione per altre informazioni sull’argomento.

macchie della pelle,, togliere le macchie,, macchie del viso,, melanoma,, come togliere le macchie

Facciamo chiarezza sui fili riassorbibili

Facciamo chiarezza sui fili riassorbibili (un’opinione personale dopo 3 anni di utilizzo dei fili di sospensione riassobibili).

Il trend dei fili liftanti riassorbibili è in continuo aumento. In effetti, avevamo bisogno, noi medici, di un trattamento efficace per trazionare e sollevare i tessuti del volto scivolati giù sotto la forza di gravità. In alternativa c’era solo il lifting chirurgico.

Il mio primo incontro con i fili riassorbibili è avvenuto nell’ottobre del 2012 durante un incontro EMAA a Parigi. In seguito, colpita dall’idea e dalle potenzialità di questo trattamento, sono andata a tutti i corsi e workshop dedicati ai fili: Silhouette Soft, coreani, fili Aptos. Sono queste le tipologie principali presenti attualmente sul mercato estetico italiano.

Ho utilizzato tutti i tipi dei fili, credendo nel metodo e non vedendo alternative non chirurgiche, nel tentativo di capire come funzionassero e quali utilizzare per ogni singolo paziente. Oggi posso dire di aver maturato una discreta esperienza nell’ambito.

Ed ecco la mia opinione.

Fili in polidiossanone (PDO). Di produzione coreana, questi fili riassorbibili rappresentano, nell’ordine crescente di capacità liftante e biostimolante, il primo gradino che possiamo affrontare per approcciare la metodica dei fili riassorbibili. Il PDO, è un materiale conosciuto da decenni in chirurgia, si riassorbe velocemente nel nostro organismo senza creare reazioni infiammatorie o altri tipi di stimolazione (motivo per cui è stato scelto per suturare organi interni e strutture vascolari). Questi fili sono facili da inserire nella pelle dei pazienti (ovviamente dopo un corso pratico), con pochi effetti collaterali (piccoli lividi, arrossamenti, episodi di migrazione, formazione di piccoli noduli temporanei), e soprattutto molto economici, potrebbero essere utili nel ridare un po’ di tono alla pelle flacida attraverso meccanismo di ortoterapia (visto che in genere ne vengono inseriti decine) e un processo di riparazione tissutale che viene innescato dopo un qualsiasi trauma.

 

Associati ad altre metodiche di medicina estetica potrebbero essere un valido mezzo di prevenzione dell’invecchiamento e della ptosi cutanea.

Durata dell’effetto: alcuni mesi.

Fili in acido polilattico (PLLA) con coni bidirezionali. Questi fili americani hanno 2 interessanti vantaggi: sono ancoranti (appunto mediante i coni bidirezionali) e sono biostimolanti grazie all’azione dell’acido polilattico. L’ultimo è uno dei più potenti biostimolanti che esistano ad oggi sul mercato estetico. PLLA provoca una tangibile stimolazione della produzione del collagene tipo I (non è quello che vorremmo avere, quello dei giovani, ma comunque un collagene valido a sostenere la pelle e renderla più tonica) senza un’apprezzabile reazione infiammatoria.

Le due caratteristiche di cui sopra rendono i fili con coni bidirezionali ideali per sollevare i tessuti (non molto pesanti e non in eccesso) scivolati giù negli anni. L’effetto del lifting è immediato e la biostimolazione dovuta all’acido polilattico che viene lentamente degradato rende la pelle nei mesi seguenti il trattamento più tonica e luminosa. Questi fili sono particolarmente adatti ai pazienti giovani oppure a quelli meno giovani con la ptosi di grado lieve.

Durata dell’effetto: varia molto a seconda del paziente da 6 a 12 mesi.

L’ultima tipologia dei fili di sospensione riassorbibili è rappresentata dai fili in copolimero di caprolattone e acido polilattico. Ideati dai colleghi russi e prodotti in parte in Giappone e in parte in Germania, sono entrati sul mercato italiano per ultimi, nel 2014 (anche se in altri paesi del mondo, 48 in totale, esistevano già dal 2008).

La composizione di questi fili è innovativa. C’è sempre PLLA per garantire un potente effetto biostimolante, ma questa volta è legato al caprolattone, un materiale anch’esso totalmente biocompatibile e riassorbibile, che funge in questo caso da drug delivery system (autorizzato dal FDA proprio per questo), permettendo un rilascio molto graduale e costante delle microparticelle dell’acido polilattico per un lungo periodo di tempo, 360 gg.

Un discorso a parte meritano le ancore di cui sono forniti i fili: si tratta di microincisioni laser prodotti in modo da garantire la solidità del filo, ma nello stesso tempo creare un’ancora che si apre come un artiglio una volta inserito nel tessuto, agganciandosi in modo solido e duraturo. E visto che ogni filo ne ha svariate decine di queste ancore lungo tutta la lunghezza del filo è facile immaginare quanto sia forte l’effetto liftante che provocano.

E’ difficile parlare dei fili in caprolattone e PLLA. Questo dipende dal fatto che non esiste una tipologia del filo, ne esistono 20! Oltretutto, si possono impiantare con 45 metodi differenti! Gli inventori hanno cercato di trovare una metodica (meglio delle metodiche) per poter avere un approccio individuale per ogni paziente e per ogni problematica legata all’invecchiamento e al cedimento dei tessuti. Devo ammettere, non è un tipo di trattamento che vedi una volta e ti metti a praticarlo sui pazienti, qui si richiede un discreto periodo di apprendimento pratico. Tuttavia, nella mia esperienza, è l’unico a permettere un reale riposizionamento dei tessuti con un effetto liftante non solo tangibile, ma anche duraturo.  A conferma di questo ci sono numerose pubblicazioni relative ad uso di questi fili nelle riviste più prestigiose del mondo.

Durata dell’effetto: a seconda del paziente fino a 2 anni.

Per concludere vorrei sottolineare: ogni tipologia dei fili riassorbibili ha la sua ragione di esistere, ognuno ha delle peculiarità che lo rendono particolarmente adatto a una singola situazione. La bravura del medico consiste nella corretta selezione del paziente e nella giusta scelta del prodotto da utilizzare.

Come sempre potete contattarmi personalmente per ulteriori infomazioni.

Allergia al sole esiste?

In questo periodo dell’anno nel mio studio affluiscono numerosi pazienti con prurito.  Alcuni mi chiamano allarmati anche al telefono, lamentando rossore, bollicine ed intenso prurito apparsi dopo un’esposizione al sole.

Di cosa si tratta?

Di fatto si tratta di malattie della pelle dovute al sole, si chiamano luciti. Ci sono svariati tipi di lucite: lucite estiva benigna, lucite polimorfa, fotodermatosi giovanile primaverile, orticaria solare, etc.
Tutte queste malattie sono scatenate dall’esposizione solare e compaiono  da pochi minuti a 12-24 ore dopo l’esposizione stessa.
Il più delle volte la condizione è benigna e si risolve nell’arco di poche settimane. La diagnosi per il dermatologo in genere non presenta difficoltà. Tuttavia, in alcuni casi nasce il bisogno di confermare la diagnosi clinica attraverso i test fotobiologici oppure, raramente, mediante una biopsia cutanea.

La più frequente e anche la meno pericolosa è la lucite estiva benigna. Caratteristicamente sorge dopo circa 12 ore dall’esposizione (il più delle volte dopo la prima esposizione della stagione) e colpisce le sedi anatomiche normalmente protette dai vestiti: il petto, gli avambracci, il dorso dei piedi. Curiosamente la lucite estiva benigna praticamente sempre risparmia il viso, un fatto raro tra le fotodermatosi. Appunto dopo la prima esposizione compaiono piccole papule pruriginose nelle zone sovraindicate. Senza trattamento tende a regredire lentamente in 12-14 giorni. In genere le successive esposizioni al sole non creano problemi. Tuttavia, l’anno seguente alla ripresa della stagione del mare l’eruzione potrebbe ricomparire.

Una preparazione specifica  alla stagione estiva prescritta dal dermatologo potrebbe alleviare o addirittura prevenire l’insorgenza di questa malattia. Ovviamente deve essere cominciata parecchie settimane prima dell’estate.

Altre fotodermatosi richiedono un esame clinico accurato e, talvolta, metodiche diagnostiche supplementari e cui seguirà una terapia specifica, diversa per ogni caso.

Cosa possiamo fare per prevenire oppure rendere meno fastidiosa la fotodermatosi?

La risposta è semplice! Evitare il sole e adottare le regole di una rigida fotoprotezione.

Allora ho un’allergia al sole? –chiedono alcuni pazienti. Beh, sì, è così, anche se un meccanismo esatto di queste patologie ancora non è ben conosciuto.

Avendo allergia alle arachidi, cerchiamo maniacalmente di evitarli . Lo stesso atteggiamento sarebbe logico aspettare da chi soffre di allergia al sole (fotodermatosi). Purtroppo non sempre succede così, è talmente difficile tenersi lontani dalle dorate spiagge di Ostia e  dal mare cristallino di Fregene! Ecco perché ho pensato di scrivere un articolo dedicato proprio a come “SVILUPPARE UN'ABBRONZATURA PIù INTENSA E MENO PERICOLOSA” che potete consultare qui.

 

Come sempre, potete contattarmi direttamente per ogni altra informazione.

Buona estate!